Ma fino a che punto si può amare il mare ?
Ascoltarlo, sentirne la voce, i rumori, gli odori, i sapori, amarlo in
tutte le sue forme. Sentirne il fragore della forza impetuosa, poi calma e il lieve
sciabordio della risacca che modella la roccia, erode, sagoma la costa a suo
piacimento. Le giornate di bonaccia… difficile sentirne la voce. Più facile sentirne i
suoni che lo circondano, i gabbiani col loro canto che seguono la barca a
pieni giri, gli odori, l’odore delle alghe lasciate in secco dalla bassa
marea. Magari navighi tutto il giorno,vai a pesca per dodici ore, poi la
sera ti ritrovi sempre lì, in porto, vicino al mare, stanco ma sereno.
I cefali di notte guizzano nell’acqua rompendo il silenzio e qualcuno,
non ancora soddisfatto, passa un po’ di tempo con la canna da pesca
“Abboccano ?” ”Qualche oratina ogni tanto”.
I colori pastello dei tramonti, il calar della notte , il silenzio del mare
interrotto dalle chiacchiere delle barche a fianco “belle le immersioni oggi,
hai visto quanto era grande quella cernia, peccato non ho visto le
corvine…”Una leggera maretta si infrange sulle fiancate della barca, io sono
lì seduto e penso alle parole di Jacques Cousteau “Dopo l’istante magico in
cui i miei occhi si sono aperti nel mare, non mi è stato più possibile,
vedere, pensare, vivere come prima”